Recensione di G. Motta, Baroni in camicia rossa, Passigli, Firenze 2011 di Antonello Battaglia pubblicata su Il capoluogo d'Abruzzo

Calabria, Agosto 1860. Don Gerardo Bianchi Giardina di Belmonte, prestigioso nobile calabrese, decide impavido di seguire la scia travolgente del generale Garibaldi appena sbarcato sul continente.
Dopo la ben nota conquista della Sicilia, le fila dei Mille, rimpinguate dai fervidi animi dei volontari isolani, proseguono l’escalation contro le truppe di “Franceschiello”. Tra l’inizio e la fine della Campagna rivoluzionaria, tra Marsala e il Volturno, tra maggio e settembre, una parentesi di grande importanza per i destini della nascente Italia è costituita dall’azione delle camicie rosse che nel mese di agosto attraversano la Calabria. Don Gerardo, come molti nobili del suo rango, “sogna di fare la storia” e in realtà questa Storia lo coinvolge oltre le sue previsioni. In una regione segnata dall’arretratezza economica e sociale e dall’ingiustizia, serpeggiano tuttavia le idee dei liberali che, profondamente delusi dalla monarchia borbonica, aderiscono e assecondano la spinta rivoluzionaria. Sullo sfondo, l’immagine di una vita agiata, feste a palazzo, banchetti memorabili dalle mille portate, riunioni di famiglia, rituali massonici, amori travolgenti che non impediscono la nascita e il
consolidamento di un progetto politico alternativo rispetto all’impronta reazionaria della corona. Il barone don Gerardo, con il suo gruppo di amici e parenti, venuto a conoscenza che Garibaldi è arrivato in Calabria lo raggiunge offrendo generosamente la sua spada e mettendo a disposizione
della rivoluzione i suoi averi. Partecipando all’impresa garibaldina il barone si batte valorosamente contro le forze nemiche alle quali appartiene anche un suo cugino, il duca Francesco, avversario di una vita, invidioso e competitivo che questa volta vuole finalmente avere la meglio su Gerardo e
infatti con i suoi bravi lo circonda catturandolo in una vigliacca imboscata. Mentre i volontari hanno la meglio conquistando la città di Reggio dove i borbonici si rinchiudono nella fortezza sventolando bandiera bianca, don Gerardo, ormai preda dei alleati della monarchia, viene rinchiuso nelle segrete del carcere borbonico di Ventotene. Tutti i paesi della Calabria sono ormai conquistati dalla  rivoluzione: Catanzaro, Cosenza, Castrovillari, Paola insorgono e le sorti del conflitto si confermano in favore di Garibaldi, mentre don Gerardo, ancora in carcere, ferito e bruciante per la febbre, ripercorre momenti importanti della sua esistenza che l’hanno visto come protagonista. Il racconto si muove tra realtà e fantasia, tra vicende storiche e immaginario letterario ma l’autrice
abilmente riesce ad annodare i fili di un Risorgimento minore mantenendo viva fino alla fine la curiosità del lettore al quale riserva una sorpresa finale.  È un nuovo filo questo, felicemente inaugurato da Giovanna Motta che riesce a tessere con singolare destrezza le complesse e variegate realtà storiche di un momento contraddittorio tra episodi gloriosi e tradimenti, regalandoci un romanzo che presenta una certa consistenza storica ma anche una leggerezza narrativa e soprattutto un Risorgimento inedito visto attraverso gli occhi di un signorotto locale, un piccolo eroe del Sud.



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