Inizio corso seminariale dottorato

Il corso seminariale riservato ai dottorandi di 1° anno avrà inizio il 15 gennaio (ore 17-19) in aula B (sezione Storia Moderna e Contemporanea, dip.to Studi storico-religiosi).
La lezione  Gli archivi e la ricerca storica sarà tenuta dal dott. Gionfrida, archivista dell'AUSSME.

Visita delegazione kazaka alla Sapienza. 13 dicembre 2013

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Cinema sovietico


Il 19 dicembre 2013 dalle 15 alle 17 presso l'aula B del dip.to di Storia, Culture, Religioni avrà luogo la lezione della prof.ssa Afanasyeva dell'Università Politechnica di Tomsk (Istituto dell'educazione internazionale e comunicazione interculturale) sul cinema russo e sovietico. 




Il pensiero e l'insegnamento di Gramsci nella transizione venezuelana

13 dicembre 2013 ore 17

Aula Organi Collegiali


Presentazione del volume di Jorge A. Giordani, La transizione bolivariana al socialismo, Natura Avventura Edizioni, 2013, revisione e reimpostazione critica per l'edizione italiana
di L. Vasapollo e R. Martufi

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Il dibattito politico-culturale a Mosca, l'edificazione di un'identità nazionale condivisa e il rilancio del soft power russo

Lo scorso 30 ottobre l’Istituto Russo per le Ricerche Strategiche di Mosca ha organizzato la conferenza “La Russia e il Mondo allo scoppio della Prima guerra mondiale”. Alla conferenza ha
partecipato una delegazione dell’Università degli Studi di Roma “La Sapienza”, per presentare i primi risultati di un lavoro di ricerca ancora in corso sotto la direzione del Prorettore Vicario dell’Ateneo Prof. Antonello Folco Biagini.
Nel corso dei lavori è emerso un vivace dibattito storiografico sulle origini della Prima guerra mondiale e sul ruolo svolto dalla Russia rispetto al tramonto dell’equilibrio di potenza europeo del XIX secolo. Rispecchiando una frattura presente anche nella scena politica e nella società russa, i
relatori si sono divisi tra i sostenitori della formula politica dell’élite zarista (ortodossia, monarchia, nazione), che si diffuse nell’Ottocento come risposta alla rivolta decabrista del 1825, e coloro che, al contrario, concordano con la chiave di lettura di questi eventi offerta dagli storici d’epoca sovietica.
I primi sostengono la tesi per cui la Russia zarista non disponeva di piani strategici offensivi particolarmente avanzati alla vigilia della guerra e che con l’avvento dei bolscevichi l’esercito russo si sarebbe ritirato dai combattimenti nel momento in cui avrebbe potuto cogliere i frutti dei sacrifici sopportati negli anni precedenti. In questa prospettiva hanno proposto di ribattezzare la Grande guerra come “Seconda guerra patriottica”, in quanto dovrebbe essere posta in linea di continuità con la “Prima guerra patriotica” combattuta contro le truppe napoleoniche nel 1812 e la “Grande guerra patriotica” condotta contro la Wehrmacht tra il 1941 e il 1945.
A far da contraltare a questa posizione è stato un altrettanto nutrito gruppo di intellettuali vicini alla prospettiva della storiografia sovietica che hanno insistito sull’idea che la Russia di Nicola II progettava da tempo il suo impegno in una guerra generale e che il trattato di Brest-Litovsk venne sottoscritto nel momento culminante per le tragedie direttamente o indirettamente causate da una guerra mal pianificata e altrettanto mal condotta (rotta dell’esercito, carestie, instabilità politica, ecc…). Rispetto a tale confronto il rappresentante del presidente della Federazione Russa non ha appoggiato apertamente né l’una, né l’altra posizione, sottolineando gli elementi veritieri insiti sia nell’una, che nell’altra riflessione.
Dopo il collasso dell’Unione Sovietica nel 1991, la Federazione Russa - che ne ha raccolto l’eredità politica - si è trovata alle prese con due questioni aperte di carattere politico-culturale: 1) costruire un nuovo senso d’identità nazionale, per arginare la frantumazione del nuovo Stato che si era prontamente verificata con l’indipendenza degli Stati del Baltico, del Caucaso e dell’Asia centrale; 2) trovare una nuova fonte di legittimazione per l’azione politica interna e internazionale dello Stato neo-nato. La risposta a tale esigenza, comune a numerosi Stati multietnici e multilinguistici, è stata più farraginosa in Russia, a causa del ciclico emergere, in corrispondenza dei turning point della vita nazionale, della volontà di nemesi politica e della complementare necessità di rimuovere le costruzioni socio-istituzionali ereditate dal passato.
Se nel corso dell’era Eltsin non si era giunti ad una conclusione e lo scontro tra élite anti-sovietiche e filo-sovietiche aveva polarizzato il dibattito culturale e politico a favore delle prime, durante le presidenze di Putin e Medvedev si è proceduto alla complessa operazione di recupero dell’intero bagaglio storico che ha preceduto l’attuale corso di Mosca, declinato all’interno di una formula politica che si potrebbe definire “sincretica”.
Il primo elemento della nuova “ideologia” è l’identità cristiano-ortodossa e il legame tra il Cremlino e il patriarcato di Mosca. La chiesa ortodossa ha tradizionalmente garantito una sorta di legame spirituale del popolo con lo Stato, che si estendeva su territori enormi e che - dai tempi della Rus’ di Kiev fino all’Impero zarista di Nicola II - aveva rafforzato il senso di appartenenza nazionale.
Ma non bisogna dimenticare che, sebbene sotto forme più discontinue e meno ufficiali, tale rapporto era rimasto vivo anche durante il periodo comunista svolgendo una funzione determinante per la salvaguardia dello Stato in alcuni momenti cruciali, in particolare nel corso della Seconda guerra mondiale. Il secondo elemento è il passato sovietico, che continua tuttora a influenzare la vita quotidiana in Russia e fa parte della memoria storica di una fetta consistente della popolazione. La nostalgia per il passato sovietico, che già negli anni Novanta serpeggiava tra le generazioni più avanti negli anni, si è cominciata a diffondere anche tra i più giovani, che tendono a idealizzarne l’immagine utilizzando l’apparato simbolico-ideologico comunista e le suggestioni ad esso legate nelle rivendicazioni movimentiste e nella creazione di nuove sub-culture (una tendenza presente anche in Europa occidentale nella forma della cosiddetta Ostalgie).
L’opera di nation-building e di elaborazione di un nuovo soft power restano comunque un processo ancora in corso e non privo di contraddizioni. Sebbene le autorità politiche russe stiano alimentando nelle sedi istituzionali il dibattito su questo tema, di sovente si trovano costrette a dover mediare tra i partecipanti ad un dibattito serrato nella comunità scientifica e accademica. Ma le posizioni emerse sono solo apparentemente inconciliabili, trovando il loro minimo comun denominatore nella volontà di potenza della Russia e in uno spiccato nazionalismo. La tensione di questi dibattiti, quindi, svolge la funzione positiva di esasperare la diversità degli approcci per evidenziare alla fine la presenza di elementi comuni che costituiscono il nuovo universo valoriale dello Stato. 
 
 
di Gabriele Natalizia e Diana Shendrikova

L’Azerbaigian, Paese giovane e realtà in grande crescita

 
 
BAKU (AZERBAIGIAN) – Il 31 ottobre e il primo novembre 2013 si è svolto a Baku, in Azerbaigian, un evento internazionale molto importante: il Baku International Humanitarian Forum. Con la presenza di personalità del mondo politico internazionale, alti funzionari, diplomatici, accademici ed esperti provenienti da tutto il mondo, il Forum si è articolato in una serie di sessioni di discussione sui temi riguardanti gli aspetti umanitari dello sviluppo economico, le innovazioni scientifiche e la diffusione dell’educazione, lo sviluppo sostenibile, l’identità nazionale, le biotecnologie, il ruolo dei mass media nel sistema di informazione globale.
L’ampiezza dei temi non ha impedito che al margine delle sessioni si svolgesse una fruttuosa opera di networking, ad ogni livello. Il Forum si è aperto con il discorso del presidente azerbaigiano Ilham Aliyev, è proseguito con il messaggio del presidente russo Vladimir Putin e quello del segretario generale delle Nazioni Unite Ban Ki-Moon. La lista dei partecipanti ha previsto l’intervento di 7 ex presidente e capi di Stato, 13 premi Nobel e oltre 100 personalità pubbliche di livello mondiale, nel contesto di circa 800 partecipanti totali in rappresentanza di 70 paesi da tutti i continenti. La presenza di ex capi di stato, ambasciatori, personalità del mondo della cultura e dello spettacolo, ha dato anche un profilo mondano all’evento. Dall’Italia spiccano i nomi dell’ambasciatore Ferdinando Nelli Feroci, del rettore dell’Università di Siena Angelo Riccaboni, del professore Sergio Marchisio della Sapienza Università di Roma, del senatore professoressa Stefania Giannini, nonché del sindaco di Napoli, Luigi de Magistris, che incontrando l’omologo azerbaigiano di Baku ha confermato il rilancio del gemellaggio esistente tra le due città, Napoli e Baku, che notoriamente si caratterizzano per un golfo simile e una vocazione marittima che risulta essere sostanziale anche nel carattere aperto e ospitale di italiani e azerbaigiani.
L’Azerbaigian è un Paese che colpisce per l’evidente crescita economica, la società giovane e laica, un mondo culturale capace di creatività e innovazione: questi fattori sono elementi reali per il vero sviluppo di uno Stato. La possibilità di grandi risorse energetiche, infatti, sta fungendo da volano anche per le politiche sociali, educative e culturali. Certo, il processo di costruzione della nazione non è ancora compiutamente raggiunto così come le istituzioni stanno svolgendo un percorso ancora lungo per il pieno raggiungimento degli standard occidentali di libertà e democrazia: tuttavia si può ben dire che le premesse per dei risultati fruttuosi nel futuro dell’Azerbaigian sono reali. Infatti in una regione complessa, al margine tra grandi aree culturali, l’Azerbaigian si trova al centro di questioni geopolitiche complesse e di grande interesse. Baku è infatti un punto di riferimento anche per Bruxelles, in una prospettiva di sempre maggiore integrazione con l’Unione Europea all’interno del programma di partnership orientale. La cultura laica che è alla base dell’islam sciita è la pietra angolare per costruire la prospettiva di un Paese orientato verso i valori occidentali, ma con ascendenze orientali e radici turche saldamente asiatiche.
La storia della costruzione dello Stato azerbaigiano, con la prima indipendenza raggiunta al crollo dell’Impero zarista (1918-1920), è un punto di riferimento storico-culturale per la definizione di un Paese che ha ritrovato la strada dell’indipendenza dall’Unione Sovietica solo nel 1991. In quel periodo, però, si è anche riaperta la questione nazionale con l’Armenia, che ha avuto come conseguenza il conflitto armato per il Karabagh e l’occupazione da parte armena della regione contesa insieme a quella delle regioni limitrofe. La situazione sul campo è sostanzialmente congelata – è solitamente definito un frozen conflict – ma la presenza di centinaia di rifugiati dalla regione e il fallimento delle trattative che da anni sono ferme al mantenimento del cessate il fuoco, è per certo un elemento di tensione all’interno del Paese e nella regione. Nonostante ciò l’Azerbaigian tenta di mantenersi un Paese affidabile e persevera una politica di equilibrio tra le “superpotenze” (Russia e Stati Uniti) e le potenze regionali (Turchia, Iran), mentre tra i suoi vicini l’Armenia è più chiaramente orientata verso la Russia e la Georgia è stata notevolmente vicina all’Occidente. In tale contesto la scelta migliore per le piccole e medie repubbliche del Caucaso meridionale è sicuramente quella di perseguire una politica estera “multi-vettoriale”, con una prospettiva geopolitica multidirezionale. Il mantenimento di un delicato ma importante equilibrio – per la stabilità e la sicurezza internazionale in una regione chiave per l’approvvigionamento energetico – nell’area del Caucaso e del Mar Caspio appare il modo migliore per mantenere il Paese in una condizione di reale indipendenza e di autonomia nella gestione delle ingenti risorse energetiche.
Andrea Carteny

Murilo Mendes o poeta brasileiro de Roma. 9 dicembre 2013

Lunedì 9 dicembre 2013 alle ore 18,30.
Auditorium del Centro Cultural Brasil-Italia
Piazza Navona, 18, Roma
 
 
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International conference Geopolitical Structures of the Post-Soviet Space

I profondi mutamenti che hanno caratterizzato il sistema delle relazioni internazionali dopo il 1991 hanno determinato crescente attenzione verso il mondo eurasiatico. Nel volgere di due decenni le repubbliche sovietiche hanno definito una propria identità, hanno dato vita a varie organizzazioni sovranazionali e un insieme di fattori strategici ed economici ne hanno fatto uno scacchiere geopolitico di importanza primaria. Motivi più che sufficienti per fare il punto della situazione e per questo il 3 dicembre dalle 15 ed il 4 dicembre della 9,30 presso il Rettorato si terrà il Convegno internazionale "Geopolitical structures of the post-soviet space".
Sarà un momento di confronto scientifico e culturale cui prenderanno parte ospiti d'eccezione, tra cui ambasciatori e diplomatici di tutti i paesi ex sovietici presenti in Italia.
Un'occasione preziosa per gettare luce su un'area ancora poco conosciuta per quanto d'interesse vitale per l'Italia e per l'Europa.
L'ingresso è libero.

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Azerbaijan is following the right path. Opinion by Italian expert - INTERVIEW


Day.Az Interview with Daniel Pommier Vincelli, Researcher and professor, Sapienza University of Rome

- What are your impressions of Azerbaijan? What do you think about its future?

Azerbaijan is a beautiful country, inhabited by generous and open-minded people. Thanks to a high degree of social cohesion Azerbaijan overcame a deep crisis, caused by the aftermath of the dissolution of Soviet Union and the conflict with Armenia in early '90s. After two decades the political turning point given by the rise to power of H. Aliyev produced a fast growing economy and a dynamic society, relying on political stability guaranteed by the strong leadership of I. Aliyev. Of course, as in every country (including Italy) there are problems and contradictions. But Azerbaijan is following the right path and building a strong civic society. My auspice for future is that Azeri people could soon join European family and European values and system.

- What can you say about balancing policy that Azerbaijan adheres in relation with the influential powers in the region and beyond?

Independence is always a best choice. The important thing is to avoid isolation. I think that Azerbaijan as minor regional power should maintain independence among different interests in a crucial region where great and medium powers launch their ambitions. Nowadays the country should avoid isolation either, by enhancing links with reliable European partners like Italy. Even the definition of West does not cover properly anymore a very complex framework. Being pro-west does not necessarily mean pro-American. I do hereby support this independent stance of Azerbaijan. The milestones of this policy should be the international cooperation, international law and stability. I think that so far Baku respected all these key principles.

- If to talk namely on the relations with Europe, what do you think about future of Azerbaijani-European ties?

Azerbaijan in Europe is a dream I often dream of. I do not know if Europe will enlarge against to East as she did until 2007. I hope that we could obtain one day the historical landmark of having Turkey in Europe as a full member. Until then the European enlargement is more a political approach than institutional and legal. Europeization means sharing the same values and strategies. I think that both parts could strengthen their links if they focus pragmatically on the same task: a peaceful, large, open and democratic Europe (or Eurasia) from the Atlantic to Central Asia.

- Then, how to explain the fact that the European Union’s role in the South Caucasus looks weak, though, according to Brussels, that region holds an important place on the agenda of European diplomacy?

Europe is often weak not only regarding Caucasus. I think, as I told in the previous question, that Europe should be more pragmatic and not losing time in useless polemics with Azerbaijan, like the election process. The partnership with Azerbaijan is strategic. I hope that next Vilnius meeting will pave the way to enhanced cooperation with the most fast growing economy of the six Eastern partnership countries.

- Share your thoughts with respect to Karabakh problem and its perspectives of settlement

I am always very stunned by the fact that in Europe very few people know that not only Karabakh is under Armenian occupation but many Azeri districts, which in 1992-1994 were inhabited by a clear majority of Azeri: people actually internally displaced in Azerbaijan. The Azeri nation suffered then a great and unjust loss of territory, people and future. This concept should be fully understood by the international community. Of course I support a peaceful solution based on the mutual principle of self determination and integrity of the Azerbaijani borders, as based in the four UN resolutions. I hope that the meeting between the presidents of the two countries, the first without official mediators, could lead the issue out of stagnation.

A cento anni dalle guerre balcaniche. I Balcani tra esigenze nazionali ed eredità ottomana. 27 novembre 2013



Introduce: Antonello F. Biagini

Prorettore Vicario di Sapienza Università di Roma

Professore Ordinario di Storia dell'Europa Orientale

Direttore del Centro Interdipartimentale CEMAS



RELAZIONI



Nadan Petrovic (Sapienza Università di Roma) 

Presentazione del volume a cura di Giuseppe Motta Le Guerre Balcaniche e la fine del “Secolo Lungo”, Roma, Nuova Cultura, 2013



Belkıs Altuniş Gürsoy (Università di Marmara - Istanbul) 

L'Espulsione delle Comunità Musulmane dai Balcani nel 1912-13



Coffee Break



TAVOLA ROTONDA

I BALCANI OGGI



Tra conflitto e integrazione

Presiede: Matteo Pizzigallo 

Professore ordinario di Storia delle Relazioni Internazionali

Università di Napoli “Federico II”



Partecipanti:



Alberto Becherelli (Sapienza Università di Roma)

Andrea Carteny (Sapienza Università di Roma)

Ljubomir Frckoski (Università St Cyril and Methodius di Skopje)

Fabio L. Grassi (Sapienza Università di Roma – BAU Center of Eurasian Studies)

Giuseppe Motta (Sapienza Università di Roma)

Francesco Privitera (Università "Alma Mater" di Bologna)

Francesco Randazzo (Università di Perugia)

Alessandro Vagnini (Sapienza Università di Roma)





27 NOVEMBRE 2013

Palazzo Baleani 

Corso Vittorio Emanuele II 244

Roma

Aula Magna 

Ore 16 



Presentazione del volume Tratado de Metodos de Analisis de los Sistemas Economicos. Mundializacion Capitalista y Crisis Sistemica di Luciano Vasapollo.


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Si è tenuta il 20 novembre, presso l'Aula Organi Collegiali, la presentazione del volume dell'intellettuale marxista Luciano Vasapollo, Tratado de Metodos de Analisis de los Sistemas Economicos. Mundializacion Capitalista y Crisis Sistemica sulla critica dell’economia capitalista e sui modelli di pianificazione per l’alternativa socialista.
L’importante incontro si è svolto alla presenza degli Ambasciatori della Repubblica Bolivariana del Venezuela, dello Stato Plurinazionale di Bolivia, della Repubblica dell’Ecuador e , in assenza dei diretti rappresentanti dell’Ambasciata, per Cuba vi è stata la presenza  di un loro funzionario presso la FAO.
All’incontro oltre alle rappresentanze diplomatiche e ai relatori (proff.Pasca, Pesci, Tiberi) erano presenti molti docenti, dottorandi e studenti dell’Università Sapienza, esponenti politici (come ad esempio l’ex Presidente della Camera Fausto Bertinotti, l’ex Vicepresidente del Senato Cesare Salvi, il Senatore Pepe, e dirigenti di varie organizzazioni politiche), di attivisti di vari movimenti sociali, rappresentanti di alcuni collettivi studenteschi e di alcuni  dirigenti e militanti del sindacato indipendente e conflittuale USB e ricercatori del centro studi CESTES-PROTEO e della rivista NUESTRA AMERICA.
L’imponente e articolato Trattato del Prof. Vasapollo, Delegato del Rettore per le Relazioni con i Paesi dell’ALBA, è stato di recente pubblicato dalla Banca Centrale del Venezuela (BCV). Così come a Cuba dove la precedente edizione del Manuale è già da anni libro di testo in tutte le facoltà di Economia delle Università dell’isola, anche in Venezuela verrà impiegato per i corsi di specializzazione post-laurea della Scuola Venezuelana di Pianificazione e di formazione della stessa Banca Centrale, ed è già pubblicato in oltre tremila esemplari.
L’iniziativa è stata aperta dagli indirizzi di saluto del Magnifico Rettore Luigi Frati e del Prorettore Vicario Antonello Biagini. La presentazione del Trattato ha fornito l’occasione per un dibattito intenso e di grande interesse che ha messo a confronto diverse opinioni politico-culturali e metodi di analisi e modelli scientifici di riferimento.
Gli accademici intervenuti hanno presentato punti di vista anche decisamente diversi dal metodo scientifico marxista, esponendo tesi  più legate a scuole di riferimento e impostazioni keynesiane e di tipo riformista, liberiste e fortemente orientate alle dinamiche di mercato, e di dottrine di alto carattere sociale più ispirate alla dottrina e cultura cristiana di base ; riconoscendo però tutti l’estremo interesse, per la centralità delle problematiche sociali e redistributive della ricchezza realizzata esposte e approfondite nel Trattato,  o ad esempio per le strategie di sviluppo economico alternativo con mercato e fuori mercato, affidando un ruolo centrale alla pianificazione socio-economica,e partendo da una dura critica contro i disastrosi effetti della globalizzazione neoliberista.

Diversi interventi hanno posto l’accento sul tema centrale e strategico della transizione. In modo particolare l’Ambasciatore del Venezuela, Juliàn Isaia Rodriguez Diaz ,ha ricordato come le linee indicate , le analisi e le soluzioni proposte nel libro del Prof. Vasapollo sono quelle che si stanno cercando di applicare nel suo paese nella difficile, faticosa ed entusiasmante costruzione del Socialismo nel XXI secolo. Percorrendo dunque il lungo cammino della transizione al socialismo nella consapevolezza del detto Latinoamericano che “il cammino si fa camminando”, e per questo è ancor più prezioso e realista il lavoro del prof. Vasapollo.
La conferenza si è conclusa con l’intervento dell’Autore che ha ripreso i temi del dibattito valorizzando la ricchezza culturale delle tesi esposte anche nelle differenze e divergenze che sono proprio,l’essere e il fare, e l’essenza stessa del metodo accademico nel rafforzamento della missione centrale dell’università pubblica .
Il Prof. Vasapollo è tornato, fra le altre cose, su uno dei temi centrali del Trattato relativo all’interrogativo, o meglio alla consapevolezza che l’economia si muove fra scienza e non scienza e diventa reale scienza sociale del cambiamento solo quando è determinata dalle scelte politiche incentrate sul soddisfacimento dei bisogni, quindi  fuori dalle leggi mercantili del profitto e valorizzazione del capitale a qualsiasi costo sociale. Spiegando le dinamiche della crisi attuale del modo di produzione capitalista, Vasapollo ne ha sottolineato il suo dirompente carattere sistemico e non solo strutturale, a differenza della grande crisi del ’29. Perché, mentre dalle crisi cicliche e dalla stessa “grande depressione” del ’29 è ripartito un modello nuovo di accumulazione fondamentalmente incentrato sul  fordismo e il keynesismo, oggi non si intravede un nuovo processo di accumulazione e valorizzazione del capitale che possa di nuovo innescare un ciclo virtuoso dell’economia nell’interesse collettivo.
Per questo ben venga il confronto e anche lo scontro tra posizioni diverse o antagoniste delle quali l’Università pubblica deve farsi, e lo sta facendo, garante e promotrice. E ben venga il conflitto di idee e sociale, che al contrario del pensiero unico e dell’omologazione corrente, negli anni ’50, ’60 e ’70 ha fatto crescere la democrazia partecipata nel nostro paese.
La risposta e la via d’uscita dalla crisi, ha concluso Vasapollo non è quindi economica e non può che essere politica,  non per l’abbattimento del mercato in quanto tale, che preesiste alla società capitalista, ma  per costruire i percorsi di transizione per il superamento del modo di produzione capitalista e attraverso le trasformazioni radicali necessarie alla transizione verso il socialismo possibile nell’attuale momento storico.
In chiusura, il Prof. Vasapollo ha voluto ribadire che la dedica del volume è per grandi uomini guida della sua vita che porta sempre nel cuore e nella mente, il Maestro Federico Caffè e Hugo Chavez.
Di seguito alcuni scatti (è sufficiente cliccare sull'immagine per ottenerne l'ingrandimento)






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La Comunità ucraina di Roma commemora l’Holodomor



Roma, dal 19  al 27 novembre 2013 in occasione della commemorazione dell’80° anniversario  dell’Holodomor, noto come  Genocidio ucraino, la comunità ucraina con il patrocinio dell’Ambasciata  d’Ucraina in Italia e con la preziosa collaborazione  della Provincia di Roma organizza la “Mostra commemorativa dell’80° anniversario dell'HOLODOMOR: Uccisi dalla fame”, presentata                  dall’Associazione Cristiana degli Ucraini in Italia. La mostra  si svolgerà a Palazzo Valentini, Sala Egon von Fürstenberg - sede della Provincia di Roma,  Via IV Novembre, 119/A – Roma.  L’inaugurazione ufficiale della mostra sarà il giovedì 21 novembre 2013 alle ore 16:00, Sala Egon von Fürstenberg.
         La mostra in oggetto è promossa dal Comitato Civico per la commemorazione delle vittime dell'Holodomor (Ucraina), preparata dal Fondo Internazionale di beneficenza "Ucraina 3000", nell’ambito del programma "Lezioni di storia " (curatore - Olesia Stasiuk).
          Saranno esposti 38 poster e proiettate diapositive delle lettere dei Consoli italiani a Odessa, a Kyiv  e a Kharkiv e  in loop la promo di circa 5’ del film “l’Holodomor, la memoria negata”, prossimamente in uscita, di cui gli autori sono Manuel Baldini e Fabio Ferrando. La mostra si basa principalmente sulla storia orale, che ora è un metodo abbastanza comune delle scienze sociali e umanistiche di ricerca. La sua particolarità consiste nella conferma dei fatti delle fonti archivistiche documentarie da parte dei testimoni oculari, sopravvissuti all’Holodomor del 1932-1933 in Ucraina.
        Verranno anche esposti 3 quadri: “Pane bianco regallo di Cremlino all’Ucraina 33”, “Sandermox l’élite ucraina 37”, “La maschera e la pipa mortale” dell’artista ucraino Oleh Kolotay.
         Verranno proiettate  le  diapositive delle lettere dei Consoli italiani in Ucraina  (a Odessa, a Kyiv e a Kharkiv) negli anni 1929-1933   e in loop la promo di circa 5’ del film “l’Holodomor, la memoria negata”, prossimamente in uscita, di cui gli autori sono Manuel Baldini e Fabio Ferrando.

Martina Bitunjac, Le donne e il movimento ustascia, Nuova Cultura, Roma, 2013

Il volume si occupa dell'inedita tematica legata all'immagine delle donne nella propaganda del movimento ustascia, della politica femminile e familiare nello Stato Indipendente di Croazia (1941-1945) e del ruolo delle donne durante il regime nazionalista di Ante Pavelic.
I risultati dello studio si basano su d'ocumenti archivistici croati, italiani e tedeschi, sulle interviste alle sostenitrici e alle oppositrici dello Stato ustascia e sulla stampa dell'epoca.


G. Motta (a cura di), Il Baltico, un mare interno nella storia di lungo periodo, Nuova Cultura, Roma, 2013

Così le suggestioni possono essere molte e comprendere non solo le storie nazionali ma anche le complesse interazioni fra paesi, connessi e diversi. Tradizione, lingua, religione, mitologia, concorrono a ricostruire la genesi dei popoli baltici attraverso indizi che nel tempo ne definiscono l’identità, spesso mortificata dagli attacchi delle forze esterne, mossi da paesi forti come la Svezia, la Polonia, la Russia, la Germania, che si contendono una postazione strategica nell’area nordeuropea. I segni evidenti delle differenti dominazioni delineano un contesto denso dalle molte suggestioni e lasciano la loro impronta su quel mare “interno” in cui, nel tempo, si afferma il destino degli Stati indipendenti del Baltico.
I saggi qui raccolti permettono di seguire nella storia di lungo periodo le articolate vicende dell’area baltica e dei paesi che con essa interagiscono. Danimarca, Estonia, Finlandia, Germania, Lettonia, Lituania, Polonia, Russia e Svezia costituiscono uno spazio comune per le ragioni della politica, della religione, del commercio. Nell’analisi del “sistema baltico” la sinergia di molte discipline aggiunge ricchezza alla riflessione storica sulla Penisola scandinava, sulla Danimarca con le sue isole, sull’Europa centrale e orientale, tutte ugualmente rilevanti nel contatto con il Baltico.
All'interno saggi di: Antonello Battaglia, Roberto Sciarrone, Martina Bitunjac, Antonello Biagini, Giuseppe Motta, Alessandro Vagnini, Roberto Reali, Daniel Pommier Vincelli, Elena Dundovich, Andrea Giannotti, Gabriele Natalizia, Caterina Bassetti.

G. Motta (a cura di), Le guerre Balcaniche e la fine del "Secolo lungo", Nuova Cultura, Roma, 2013

La conferenza “Le Guerre Balcaniche e la fine del Secolo Lungo” (războaiele balcanice şi sfârşitul secolului cel lung) si è svolta il 19-20 luglio 2012 presso l’università di Târgu Mureş, in occasione della ricorrenza del centenario trascorso dallo scoppio del conflitto. Realizzato nell’ambito del progetto di ricerca 2011 promosso da Sapienza Università di Roma e con la cooperazione dell’Istituto storico italo-romeno di Cluj, dell’università Petru Maior di Târgu Mureş e dell’istituto di ricerca Gheorghe Şincai, il volume raccoglie i contributi presentati in tale occasione da studiosi, professori, ricercatori e dottorandi per riflettere e rivisitare una pagina di storia molto importante e significativa in quanto viene spesso citata non solo come immediata anticipazione della prima guerra mondiale (1914-1918), ma anche come pericoloso antecedente delle guerre che hanno infiammato i Balcani negli anni Novanta del XX secolo. La speranza è quella di poter così contribuire allo studio, all’interpretazione e al dibattito su una serie di aspetti che tornano all'attenzione degli storici nella ricorrenza del centenario di un evento che ha rappresentato un’esperienza cruciale nella storia dell’Europa del XX secolo.

Roberto Sciarrone, La Repubblica di Weimar nei documenti del Servizio Informazione Militare, Nuova Cultura, Roma, 2013

Quello dela Repubblica di Weimar fu un periodo ricco di contraddizioni tra la Grande Guerra e l’avvento del Terzo Reich. Il sistema di democrazia parlamentare che riuscì a realizzare fu altresì sorprendente, non solo perché nacque pochi mesi dopo la fine di un conflitto mondiale da cui la Germania era uscita sconfitta ma, in particolar modo, per la portata di trasformazioni politiche e sociali che la caratterizzarono. La ricca storiografia sull’argomento testimonia l’importanza degli eventi che caratterizzarono il 1933, anno spartiacque della storia d’Europa e del mondo. Ciò a cui mira questo saggio è “ricostruire” l’idea che lo Stato Maggiore italiano aveva sulla Germania, alla vigilia dell’ascesa di Adolf Hitler. Attraverso le carte del SIM è possibile cogliere gli aspetti positivi della Repubblica di Weimar, ma anche quegli elementi di forte criticità derivanti dalle clausole penalizzanti del Trattato di pace che costituiranno la base ideologica e sociale della successiva ascesa del nazionalsocialismo.

Lo studio si avvale dei cospicui documenti del “Servizio Informazioni Militare” del Regio Esercito che in data 2 gennaio 1933 vengono integrati in una relazione sullo stato complessivo delle forze armate tedesche. I sette fascicoli analizzati nel volume ci aiutano a comprendere l’ordinamento della Reichwehr, le forme di reclutamento e le scuole militari, la dottrina tattica e l’addestramento, le forze di polizia e le associazioni varie esistenti nel 1933, una fonte del tutto nuova nell’interpretazione di una Repubblica di Weimar ormai al tramonto.

Creare lo Sviluppo. Inaugurazione sezione Cooperazione Internazionale - Fondazione Roma Sapienza



Mercoledì 23 ottobre 2013, ore 11.00
Aula Organi Collegiali – Rettorato
piazzale Aldo Moro 5, Roma

Mercoledì 23 ottobre si svolgerà una tavola rotonda sul tema “Creare lo Sviluppo”, promossa dalla Sezione Cooperazione Internazionale della Fondazione Roma Sapienza, che in tale occasione inaugurerà le proprie attività.
I percorsi dello sviluppo che dimostrano capacità autopropulsive sono quelli che si fondano sull’esistenza di istituzioni efficienti, sull’accumulazione di capitale umano e sulla diffusione delle innovazioni. Fattori questi che, favorendo l’accesso ai bisogni essenziali del vivere civile, favoriscono combinazioni virtuose orientate alla responsabilizzare gli attori dello sviluppo: persone, imprese, istituzioni.
La globalizzazione, se ben governata, diventa occasione preziosa per accrescere le relazioni tra i popoli, diffondere le nuove tecnologie e ampliare i mercati.
Nel dibattito saranno affrontati questioni economiche, storiche e sociali caratterizzanti i percorsi virtuosi di sviluppo, con uno sguardo all’economia italiana.
Apriranno i lavori Luigi Frati, Magnifico Rettore della Sapienza e Renato Guarini, Presidente della Fondazione Roma Sapienza. Introdurrà Roberto Pasca di Magliano, Presidente della Sezione Cooperazione Internazionale, e modererà il dibattito Antonello Biagini, Prorettore per la Cooperazione e rapporti internazionali. Sono previsti interventi di Stefano De Caro, Cesare Imbriani, Mario Morcellini, Pasquale Lucio Scandizzo, Teodoro Valente e Ludovica Zigon.


Fondazione Roma Sapienza
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