Il corso seminariale riservato ai dottorandi di 1° anno avrà inizio il 15 gennaio (ore 17-19) in aula B (sezione Storia Moderna e Contemporanea, dip.to Studi storico-religiosi).
La lezione Gli archivi e la ricerca storica sarà tenuta dal dott. Gionfrida, archivista dell'AUSSME.
Visita delegazione kazaka alla Sapienza. 13 dicembre 2013
Cinema sovietico
Il 19 dicembre 2013 dalle 15 alle 17 presso l'aula B del dip.to di Storia, Culture, Religioni avrà luogo la lezione della prof.ssa Afanasyeva dell'Università Politechnica di Tomsk (Istituto dell'educazione internazionale e comunicazione interculturale) sul cinema russo e sovietico.
Il pensiero e l'insegnamento di Gramsci nella transizione venezuelana
Il dibattito politico-culturale a Mosca, l'edificazione di un'identità nazionale condivisa e il rilancio del soft power russo
Lo scorso 30 ottobre
l’Istituto Russo per le Ricerche Strategiche di Mosca ha organizzato la
conferenza “La Russia e il Mondo allo scoppio della Prima guerra mondiale”.
Alla conferenza ha
partecipato una delegazione dell’Università degli Studi di
Roma “La Sapienza”, per presentare i primi risultati di un lavoro di ricerca
ancora in corso sotto la direzione del Prorettore Vicario dell’Ateneo Prof.
Antonello Folco Biagini.
Nel corso dei lavori è emerso un
vivace dibattito storiografico sulle origini della Prima guerra mondiale e sul
ruolo svolto dalla Russia rispetto al tramonto dell’equilibrio di potenza
europeo del XIX secolo. Rispecchiando una frattura presente anche nella scena
politica e nella società russa, i
relatori si sono divisi tra i sostenitori
della formula politica dell’élite zarista (ortodossia, monarchia, nazione), che
si diffuse nell’Ottocento come risposta alla rivolta decabrista del 1825, e
coloro che, al contrario, concordano con la chiave di lettura di questi eventi
offerta dagli storici d’epoca sovietica.
I primi sostengono la tesi per
cui la Russia zarista non disponeva di piani strategici offensivi
particolarmente avanzati alla vigilia della guerra e che con l’avvento dei
bolscevichi l’esercito russo si sarebbe ritirato dai combattimenti nel momento
in cui avrebbe potuto cogliere i frutti dei sacrifici sopportati negli anni
precedenti. In questa prospettiva hanno proposto di ribattezzare la Grande
guerra come “Seconda guerra patriottica”, in quanto dovrebbe essere posta in
linea di continuità con la “Prima guerra patriotica” combattuta contro le
truppe napoleoniche nel 1812 e la “Grande guerra patriotica” condotta contro la
Wehrmacht tra il 1941 e il 1945.
A far da contraltare a questa posizione
è stato un altrettanto nutrito gruppo di intellettuali vicini alla prospettiva
della storiografia sovietica che hanno insistito sull’idea che la Russia di
Nicola II progettava da tempo il suo impegno in una guerra generale e che il
trattato di Brest-Litovsk venne sottoscritto nel momento culminante per le
tragedie direttamente o indirettamente causate da una guerra mal pianificata e
altrettanto mal condotta (rotta dell’esercito, carestie, instabilità politica,
ecc…). Rispetto a tale confronto il rappresentante del presidente della
Federazione Russa non ha appoggiato apertamente né l’una, né l’altra posizione,
sottolineando gli elementi veritieri insiti sia nell’una, che nell’altra
riflessione.
Dopo il collasso dell’Unione
Sovietica nel 1991, la Federazione Russa - che ne ha raccolto l’eredità
politica - si è trovata alle prese con due questioni aperte di carattere
politico-culturale: 1) costruire un nuovo senso d’identità nazionale, per
arginare la frantumazione del nuovo Stato che si era prontamente verificata con
l’indipendenza degli Stati del Baltico, del Caucaso e dell’Asia centrale; 2)
trovare una nuova fonte di legittimazione per l’azione politica interna e
internazionale dello Stato neo-nato. La risposta a tale esigenza, comune a
numerosi Stati multietnici e multilinguistici, è stata più farraginosa in
Russia, a causa del ciclico emergere, in corrispondenza dei turning point della
vita nazionale, della volontà di nemesi politica e della complementare
necessità di rimuovere le costruzioni socio-istituzionali ereditate dal
passato.
Se nel corso dell’era Eltsin non
si era giunti ad una conclusione e lo scontro tra élite anti-sovietiche e
filo-sovietiche aveva polarizzato il dibattito culturale e politico a favore
delle prime, durante le presidenze di Putin e Medvedev si è proceduto alla
complessa operazione di recupero dell’intero bagaglio storico che ha preceduto
l’attuale corso di Mosca, declinato all’interno di una formula politica che si
potrebbe definire “sincretica”.
Il primo elemento della nuova
“ideologia” è l’identità cristiano-ortodossa e il legame tra il Cremlino e il
patriarcato di Mosca. La chiesa ortodossa ha tradizionalmente garantito una
sorta di legame spirituale del popolo con lo Stato, che si estendeva su
territori enormi e che - dai tempi della Rus’ di Kiev fino all’Impero zarista
di Nicola II - aveva rafforzato il senso di appartenenza nazionale.
Ma non bisogna dimenticare che,
sebbene sotto forme più discontinue e meno ufficiali, tale rapporto era rimasto
vivo anche durante il periodo comunista svolgendo una funzione determinante per
la salvaguardia dello Stato in alcuni momenti cruciali, in particolare nel
corso della Seconda guerra mondiale. Il secondo elemento è il passato
sovietico, che continua tuttora a influenzare la vita quotidiana in Russia e fa
parte della memoria storica di una fetta consistente della popolazione. La
nostalgia per il passato sovietico, che già negli anni Novanta serpeggiava tra
le generazioni più avanti negli anni, si è cominciata a diffondere anche tra i
più giovani, che tendono a idealizzarne l’immagine utilizzando l’apparato
simbolico-ideologico comunista e le suggestioni ad esso legate nelle
rivendicazioni movimentiste e nella creazione di nuove sub-culture (una
tendenza presente anche in Europa occidentale nella forma della cosiddetta
Ostalgie).
L’opera di nation-building e di
elaborazione di un nuovo soft power restano comunque un processo ancora in
corso e non privo di contraddizioni. Sebbene le autorità politiche russe stiano
alimentando nelle sedi istituzionali il dibattito su questo tema, di sovente si
trovano costrette a dover mediare tra i partecipanti ad un dibattito serrato
nella comunità scientifica e accademica. Ma le posizioni emerse sono solo
apparentemente inconciliabili, trovando il loro minimo comun denominatore nella
volontà di potenza della Russia e in uno spiccato nazionalismo. La tensione di
questi dibattiti, quindi, svolge la funzione positiva di esasperare la
diversità degli approcci per evidenziare alla fine la presenza di elementi comuni
che costituiscono il nuovo universo valoriale dello Stato.
di Gabriele Natalizia e Diana Shendrikova
L’Azerbaigian, Paese giovane e realtà in grande crescita
DA LO SPEAKER
BAKU (AZERBAIGIAN) – Il 31 ottobre e il primo novembre 2013 si è
svolto a Baku, in Azerbaigian, un evento internazionale molto
importante: il Baku International Humanitarian Forum. Con la presenza di
personalità del mondo politico internazionale, alti funzionari,
diplomatici, accademici ed esperti provenienti da tutto il mondo, il
Forum si è articolato in una serie di sessioni di discussione sui temi
riguardanti gli aspetti umanitari dello sviluppo economico, le
innovazioni scientifiche e la diffusione dell’educazione, lo sviluppo
sostenibile, l’identità nazionale, le biotecnologie, il ruolo dei mass
media nel sistema di informazione globale.
L’ampiezza dei temi non ha impedito che al margine delle sessioni si
svolgesse una fruttuosa opera di networking, ad ogni livello. Il Forum
si è aperto con il discorso del presidente azerbaigiano Ilham Aliyev, è
proseguito con il messaggio del presidente russo Vladimir Putin e quello
del segretario generale delle Nazioni Unite Ban Ki-Moon. La lista dei
partecipanti ha previsto l’intervento di 7 ex presidente e capi di
Stato, 13 premi Nobel e oltre 100 personalità pubbliche di livello
mondiale, nel contesto di circa 800 partecipanti totali in
rappresentanza di 70 paesi da tutti i continenti. La presenza di ex capi
di stato, ambasciatori, personalità del mondo della cultura e dello
spettacolo, ha dato anche un profilo mondano all’evento. Dall’Italia
spiccano i nomi dell’ambasciatore Ferdinando Nelli Feroci, del rettore
dell’Università di Siena Angelo Riccaboni, del professore Sergio
Marchisio della Sapienza Università di Roma, del senatore professoressa
Stefania Giannini, nonché del sindaco di Napoli, Luigi de Magistris, che
incontrando l’omologo azerbaigiano di Baku ha confermato il rilancio
del gemellaggio esistente tra le due città, Napoli e Baku, che
notoriamente si caratterizzano per un golfo simile e una vocazione
marittima che risulta essere sostanziale anche nel carattere aperto e
ospitale di italiani e azerbaigiani.
L’Azerbaigian è un Paese che colpisce per l’evidente crescita
economica, la società giovane e laica, un mondo culturale capace di
creatività e innovazione: questi fattori sono elementi reali per il vero
sviluppo di uno Stato. La possibilità di grandi risorse energetiche,
infatti, sta fungendo da volano anche per le politiche sociali,
educative e culturali. Certo, il processo di costruzione della nazione
non è ancora compiutamente raggiunto così come le istituzioni stanno
svolgendo un percorso ancora lungo per il pieno raggiungimento degli
standard occidentali di libertà e democrazia: tuttavia si può ben dire
che le premesse per dei risultati fruttuosi nel futuro dell’Azerbaigian
sono reali. Infatti in una regione complessa, al margine tra grandi aree
culturali, l’Azerbaigian si trova al centro di questioni geopolitiche
complesse e di grande interesse. Baku è infatti un punto di riferimento
anche per Bruxelles, in una prospettiva di sempre maggiore integrazione
con l’Unione Europea all’interno del programma di partnership orientale.
La cultura laica che è alla base dell’islam sciita è la pietra angolare
per costruire la prospettiva di un Paese orientato verso i valori
occidentali, ma con ascendenze orientali e radici turche saldamente
asiatiche.
La storia della costruzione dello Stato azerbaigiano, con la prima
indipendenza raggiunta al crollo dell’Impero zarista (1918-1920), è un
punto di riferimento storico-culturale per la definizione di un Paese
che ha ritrovato la strada dell’indipendenza dall’Unione Sovietica solo
nel 1991. In quel periodo, però, si è anche riaperta la questione
nazionale con l’Armenia, che ha avuto come conseguenza il conflitto
armato per il Karabagh e l’occupazione da parte armena della regione
contesa insieme a quella delle regioni limitrofe. La situazione sul
campo è sostanzialmente congelata – è solitamente definito un frozen
conflict – ma la presenza di centinaia di rifugiati dalla regione e il
fallimento delle trattative che da anni sono ferme al mantenimento del
cessate il fuoco, è per certo un elemento di tensione all’interno del
Paese e nella regione. Nonostante ciò l’Azerbaigian tenta di mantenersi
un Paese affidabile e persevera una politica di equilibrio tra le
“superpotenze” (Russia e Stati Uniti) e le potenze regionali (Turchia,
Iran), mentre tra i suoi vicini l’Armenia è più chiaramente orientata
verso la Russia e la Georgia è stata notevolmente vicina all’Occidente.
In tale contesto la scelta migliore per le piccole e medie repubbliche
del Caucaso meridionale è sicuramente quella di perseguire una politica
estera “multi-vettoriale”, con una prospettiva geopolitica
multidirezionale. Il mantenimento di un delicato ma importante
equilibrio – per la stabilità e la sicurezza internazionale in una
regione chiave per l’approvvigionamento energetico – nell’area del
Caucaso e del Mar Caspio appare il modo migliore per mantenere il Paese
in una condizione di reale indipendenza e di autonomia nella gestione
delle ingenti risorse energetiche.
Andrea Carteny
Murilo Mendes o poeta brasileiro de Roma. 9 dicembre 2013
International conference Geopolitical Structures of the Post-Soviet Space
I profondi mutamenti che hanno caratterizzato il sistema delle relazioni internazionali dopo il 1991 hanno determinato crescente attenzione verso il mondo eurasiatico. Nel volgere di due decenni le repubbliche sovietiche hanno definito una propria identità, hanno dato vita a varie organizzazioni sovranazionali e un insieme di fattori strategici ed economici ne hanno fatto uno scacchiere geopolitico di importanza primaria. Motivi più che sufficienti per fare il punto della situazione e per questo il 3 dicembre dalle 15 ed il 4 dicembre della 9,30 presso il Rettorato si terrà il Convegno internazionale "Geopolitical structures of the post-soviet space".
Sarà un momento di confronto scientifico e culturale cui prenderanno parte ospiti d'eccezione, tra cui ambasciatori e diplomatici di tutti i paesi ex sovietici presenti in Italia.
Un'occasione preziosa per gettare luce su un'area ancora poco conosciuta per quanto d'interesse vitale per l'Italia e per l'Europa.
L'ingresso è libero.
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Azerbaijan is following the right path. Opinion by Italian expert - INTERVIEW
Day.Az Interview with Daniel Pommier
Vincelli, Researcher and professor, Sapienza University of Rome
- What are your impressions of Azerbaijan? What do you think about its future?
Azerbaijan is a beautiful country, inhabited by generous and open-minded people. Thanks to a high degree of social cohesion Azerbaijan overcame a deep crisis, caused by the aftermath of the dissolution of Soviet Union and the conflict with Armenia in early '90s. After two decades the political turning point given by the rise to power of H. Aliyev produced a fast growing economy and a dynamic society, relying on political stability guaranteed by the strong leadership of I. Aliyev. Of course, as in every country (including Italy) there are problems and contradictions. But Azerbaijan is following the right path and building a strong civic society. My auspice for future is that Azeri people could soon join European family and European values and system.
- What can you say about balancing policy that Azerbaijan adheres in relation with the influential powers in the region and beyond?
Independence is always a best choice. The important thing is to avoid isolation. I think that Azerbaijan as minor regional power should maintain independence among different interests in a crucial region where great and medium powers launch their ambitions. Nowadays the country should avoid isolation either, by enhancing links with reliable European partners like Italy. Even the definition of West does not cover properly anymore a very complex framework. Being pro-west does not necessarily mean pro-American. I do hereby support this independent stance of Azerbaijan. The milestones of this policy should be the international cooperation, international law and stability. I think that so far Baku respected all these key principles.
- If to talk namely on the relations with Europe, what do you think about future of Azerbaijani-European ties?
Azerbaijan in Europe is a dream I often dream of. I do not know if Europe will enlarge against to East as she did until 2007. I hope that we could obtain one day the historical landmark of having Turkey in Europe as a full member. Until then the European enlargement is more a political approach than institutional and legal. Europeization means sharing the same values and strategies. I think that both parts could strengthen their links if they focus pragmatically on the same task: a peaceful, large, open and democratic Europe (or Eurasia) from the Atlantic to Central Asia.
- Then, how to explain the fact that the European Union’s role in the South Caucasus looks weak, though, according to Brussels, that region holds an important place on the agenda of European diplomacy?
Europe is often weak not only regarding Caucasus. I think, as I told in the previous question, that Europe should be more pragmatic and not losing time in useless polemics with Azerbaijan, like the election process. The partnership with Azerbaijan is strategic. I hope that next Vilnius meeting will pave the way to enhanced cooperation with the most fast growing economy of the six Eastern partnership countries.
- Share your thoughts with respect to Karabakh problem and its perspectives of settlement
I am always very stunned by the fact that in Europe very few people know that not only Karabakh is under Armenian occupation but many Azeri districts, which in 1992-1994 were inhabited by a clear majority of Azeri: people actually internally displaced in Azerbaijan. The Azeri nation suffered then a great and unjust loss of territory, people and future. This concept should be fully understood by the international community. Of course I support a peaceful solution based on the mutual principle of self determination and integrity of the Azerbaijani borders, as based in the four UN resolutions. I hope that the meeting between the presidents of the two countries, the first without official mediators, could lead the issue out of stagnation.
- What are your impressions of Azerbaijan? What do you think about its future?
Azerbaijan is a beautiful country, inhabited by generous and open-minded people. Thanks to a high degree of social cohesion Azerbaijan overcame a deep crisis, caused by the aftermath of the dissolution of Soviet Union and the conflict with Armenia in early '90s. After two decades the political turning point given by the rise to power of H. Aliyev produced a fast growing economy and a dynamic society, relying on political stability guaranteed by the strong leadership of I. Aliyev. Of course, as in every country (including Italy) there are problems and contradictions. But Azerbaijan is following the right path and building a strong civic society. My auspice for future is that Azeri people could soon join European family and European values and system.
- What can you say about balancing policy that Azerbaijan adheres in relation with the influential powers in the region and beyond?
Independence is always a best choice. The important thing is to avoid isolation. I think that Azerbaijan as minor regional power should maintain independence among different interests in a crucial region where great and medium powers launch their ambitions. Nowadays the country should avoid isolation either, by enhancing links with reliable European partners like Italy. Even the definition of West does not cover properly anymore a very complex framework. Being pro-west does not necessarily mean pro-American. I do hereby support this independent stance of Azerbaijan. The milestones of this policy should be the international cooperation, international law and stability. I think that so far Baku respected all these key principles.
- If to talk namely on the relations with Europe, what do you think about future of Azerbaijani-European ties?
Azerbaijan in Europe is a dream I often dream of. I do not know if Europe will enlarge against to East as she did until 2007. I hope that we could obtain one day the historical landmark of having Turkey in Europe as a full member. Until then the European enlargement is more a political approach than institutional and legal. Europeization means sharing the same values and strategies. I think that both parts could strengthen their links if they focus pragmatically on the same task: a peaceful, large, open and democratic Europe (or Eurasia) from the Atlantic to Central Asia.
- Then, how to explain the fact that the European Union’s role in the South Caucasus looks weak, though, according to Brussels, that region holds an important place on the agenda of European diplomacy?
Europe is often weak not only regarding Caucasus. I think, as I told in the previous question, that Europe should be more pragmatic and not losing time in useless polemics with Azerbaijan, like the election process. The partnership with Azerbaijan is strategic. I hope that next Vilnius meeting will pave the way to enhanced cooperation with the most fast growing economy of the six Eastern partnership countries.
- Share your thoughts with respect to Karabakh problem and its perspectives of settlement
I am always very stunned by the fact that in Europe very few people know that not only Karabakh is under Armenian occupation but many Azeri districts, which in 1992-1994 were inhabited by a clear majority of Azeri: people actually internally displaced in Azerbaijan. The Azeri nation suffered then a great and unjust loss of territory, people and future. This concept should be fully understood by the international community. Of course I support a peaceful solution based on the mutual principle of self determination and integrity of the Azerbaijani borders, as based in the four UN resolutions. I hope that the meeting between the presidents of the two countries, the first without official mediators, could lead the issue out of stagnation.
A cento anni dalle guerre balcaniche. I Balcani tra esigenze nazionali ed eredità ottomana. 27 novembre 2013
Introduce: Antonello F. Biagini
Prorettore Vicario di Sapienza Università di Roma
Professore Ordinario di Storia dell'Europa
Orientale
Direttore del Centro Interdipartimentale CEMAS
RELAZIONI
Nadan Petrovic (Sapienza Università di Roma)
Presentazione del volume a cura di Giuseppe
Motta Le Guerre Balcaniche e la fine del “Secolo Lungo”, Roma, Nuova
Cultura, 2013
Belkıs Altuniş Gürsoy (Università di Marmara - Istanbul)
L'Espulsione delle Comunità Musulmane dai Balcani
nel 1912-13
Coffee Break
TAVOLA ROTONDA
I BALCANI OGGI
Tra conflitto e integrazione
Presiede: Matteo Pizzigallo
Professore ordinario di Storia delle Relazioni Internazionali
Università di Napoli “Federico II”
Partecipanti:
Alberto Becherelli (Sapienza Università di Roma)
Andrea Carteny (Sapienza Università di Roma)
Ljubomir Frckoski (Università St
Cyril and Methodius di Skopje)
Fabio L. Grassi (Sapienza Università di Roma – BAU Center of Eurasian Studies)
Giuseppe Motta (Sapienza Università di Roma)
Francesco Privitera (Università "Alma Mater" di Bologna)
Francesco Randazzo (Università di Perugia)
Alessandro Vagnini (Sapienza Università di Roma)
27 NOVEMBRE 2013
Palazzo Baleani
Corso Vittorio Emanuele II 244
Roma
Aula Magna
Ore 16
Presentazione del volume Tratado de Metodos de Analisis de los Sistemas Economicos. Mundializacion Capitalista y Crisis Sistemica di Luciano Vasapollo.
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Si è tenuta il 20 novembre,
presso l'Aula Organi Collegiali, la presentazione del volume dell'intellettuale
marxista Luciano Vasapollo, Tratado de Metodos de Analisis de los Sistemas
Economicos. Mundializacion Capitalista y Crisis Sistemica sulla critica
dell’economia capitalista e sui modelli di pianificazione per l’alternativa
socialista.
L’importante incontro si è svolto alla presenza
degli Ambasciatori della Repubblica Bolivariana del Venezuela, dello Stato
Plurinazionale di Bolivia, della Repubblica dell’Ecuador e , in assenza dei
diretti rappresentanti dell’Ambasciata, per Cuba vi è stata la presenza
di un loro funzionario presso la FAO.
All’incontro oltre alle rappresentanze diplomatiche
e ai relatori (proff.Pasca, Pesci, Tiberi) erano presenti molti docenti,
dottorandi e studenti dell’Università Sapienza, esponenti politici (come ad
esempio l’ex Presidente della Camera Fausto Bertinotti, l’ex Vicepresidente del
Senato Cesare Salvi, il Senatore Pepe, e dirigenti di varie organizzazioni
politiche), di attivisti di vari movimenti sociali, rappresentanti di alcuni
collettivi studenteschi e di alcuni dirigenti e militanti del sindacato
indipendente e conflittuale USB e ricercatori del centro studi CESTES-PROTEO e
della rivista NUESTRA AMERICA.
L’imponente e articolato Trattato del Prof.
Vasapollo, Delegato del Rettore per le Relazioni con i Paesi dell’ALBA, è stato
di recente pubblicato dalla Banca Centrale del Venezuela (BCV). Così come a
Cuba dove la precedente edizione del Manuale è già da anni libro di testo in
tutte le facoltà di Economia delle Università dell’isola, anche in Venezuela
verrà impiegato per i corsi di specializzazione post-laurea della Scuola
Venezuelana di Pianificazione e di formazione della stessa Banca Centrale, ed è
già pubblicato in oltre tremila esemplari.
L’iniziativa è stata aperta dagli indirizzi di
saluto del Magnifico Rettore Luigi Frati e del Prorettore Vicario Antonello
Biagini. La presentazione del Trattato ha fornito l’occasione per un dibattito
intenso e di grande interesse che ha messo a confronto diverse opinioni
politico-culturali e metodi di analisi e modelli scientifici di riferimento.
Gli accademici intervenuti hanno presentato punti
di vista anche decisamente diversi dal metodo scientifico marxista, esponendo
tesi più legate a scuole di riferimento e impostazioni keynesiane e di
tipo riformista, liberiste e fortemente orientate alle dinamiche di mercato, e
di dottrine di alto carattere sociale più ispirate alla dottrina e cultura
cristiana di base ; riconoscendo però tutti l’estremo interesse, per la
centralità delle problematiche sociali e redistributive della ricchezza realizzata
esposte e approfondite nel Trattato, o ad esempio per le strategie di
sviluppo economico alternativo con mercato e fuori mercato, affidando un ruolo
centrale alla pianificazione socio-economica,e partendo da una dura critica
contro i disastrosi effetti della globalizzazione neoliberista.
Diversi interventi hanno posto l’accento sul tema
centrale e strategico della transizione. In modo particolare l’Ambasciatore del
Venezuela, Juliàn Isaia Rodriguez Diaz ,ha ricordato come le linee indicate ,
le analisi e le soluzioni proposte nel libro del Prof. Vasapollo sono quelle
che si stanno cercando di applicare nel suo paese nella difficile, faticosa ed
entusiasmante costruzione del Socialismo nel XXI secolo. Percorrendo dunque il
lungo cammino della transizione al socialismo nella consapevolezza del detto
Latinoamericano che “il cammino si fa camminando”, e per questo è ancor più
prezioso e realista il lavoro del prof. Vasapollo.
La conferenza si è conclusa con l’intervento
dell’Autore che ha ripreso i temi del dibattito valorizzando la ricchezza
culturale delle tesi esposte anche nelle differenze e divergenze che sono
proprio,l’essere e il fare, e l’essenza stessa del metodo accademico nel
rafforzamento della missione centrale dell’università pubblica .
Il Prof. Vasapollo è tornato, fra le altre cose, su
uno dei temi centrali del Trattato relativo all’interrogativo, o meglio alla
consapevolezza che l’economia si muove fra scienza e non scienza e diventa
reale scienza sociale del cambiamento solo quando è determinata dalle scelte
politiche incentrate sul soddisfacimento dei bisogni, quindi fuori dalle
leggi mercantili del profitto e valorizzazione del capitale a qualsiasi costo
sociale. Spiegando le dinamiche della crisi attuale del modo di produzione
capitalista, Vasapollo ne ha sottolineato il suo dirompente carattere sistemico
e non solo strutturale, a differenza della grande crisi del ’29. Perché, mentre
dalle crisi cicliche e dalla stessa “grande depressione” del ’29 è ripartito un
modello nuovo di accumulazione fondamentalmente incentrato sul fordismo e
il keynesismo, oggi non si intravede un nuovo processo di accumulazione e
valorizzazione del capitale che possa di nuovo innescare un ciclo virtuoso
dell’economia nell’interesse collettivo.
Per questo ben venga il confronto e anche lo
scontro tra posizioni diverse o antagoniste delle quali l’Università pubblica
deve farsi, e lo sta facendo, garante e promotrice. E ben venga il conflitto di
idee e sociale, che al contrario del pensiero unico e dell’omologazione
corrente, negli anni ’50, ’60 e ’70 ha fatto crescere la democrazia partecipata
nel nostro paese.
La risposta e la via d’uscita dalla crisi, ha
concluso Vasapollo non è quindi economica e non può che essere politica,
non per l’abbattimento del mercato in quanto tale, che preesiste alla società
capitalista, ma per costruire i percorsi di transizione per il
superamento del modo di produzione capitalista e attraverso le trasformazioni
radicali necessarie alla transizione verso il socialismo possibile nell’attuale
momento storico.
In chiusura, il Prof. Vasapollo ha voluto ribadire che
la dedica del volume è per grandi uomini guida della sua vita che porta sempre
nel cuore e nella mente, il Maestro Federico Caffè e Hugo Chavez.
Di seguito alcuni scatti (è sufficiente cliccare sull'immagine per ottenerne l'ingrandimento)
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La Comunità ucraina di Roma commemora l’Holodomor
Roma, dal 19 al 27
novembre 2013 in occasione della commemorazione dell’80° anniversario dell’Holodomor, noto come Genocidio ucraino, la comunità ucraina con il
patrocinio dell’Ambasciata d’Ucraina in
Italia e con la preziosa collaborazione della
Provincia di Roma organizza la “Mostra commemorativa dell’80° anniversario
dell'HOLODOMOR: Uccisi dalla fame”, presentata dall’Associazione Cristiana
degli Ucraini in Italia. La mostra si
svolgerà a Palazzo Valentini, Sala Egon von Fürstenberg - sede della Provincia
di Roma, Via IV Novembre,
119/A – Roma. L’inaugurazione ufficiale
della mostra sarà il giovedì 21 novembre 2013 alle ore 16:00, Sala Egon von
Fürstenberg.
La mostra
in oggetto è promossa dal Comitato Civico per la commemorazione delle vittime
dell'Holodomor (Ucraina), preparata dal Fondo Internazionale di beneficenza
"Ucraina 3000", nell’ambito del programma "Lezioni di storia
" (curatore - Olesia Stasiuk).
Saranno esposti 38 poster e proiettate
diapositive delle lettere dei Consoli italiani a Odessa, a Kyiv e a Kharkiv e
in loop la promo di circa 5’ del film “l’Holodomor, la memoria negata”,
prossimamente in uscita, di cui gli autori sono Manuel Baldini e Fabio Ferrando.
La mostra si basa principalmente sulla storia orale, che ora è un metodo
abbastanza comune delle scienze sociali e umanistiche di ricerca. La sua
particolarità consiste nella conferma dei fatti delle fonti archivistiche
documentarie da parte dei testimoni oculari, sopravvissuti all’Holodomor del
1932-1933 in Ucraina.
Verranno
anche esposti 3 quadri: “Pane bianco regallo di Cremlino all’Ucraina 33”,
“Sandermox l’élite ucraina 37”, “La maschera e la pipa mortale” dell’artista ucraino
Oleh Kolotay.
Verranno proiettate le diapositive delle lettere dei
Consoli italiani in Ucraina (a Odessa, a
Kyiv e a Kharkiv) negli anni 1929-1933 e in loop la promo di
circa 5’ del
film “l’Holodomor, la memoria negata”, prossimamente in uscita, di cui gli autori sono Manuel Baldini e Fabio Ferrando.
Martina Bitunjac, Le donne e il movimento ustascia, Nuova Cultura, Roma, 2013
Il volume si occupa dell'inedita tematica legata all'immagine delle donne nella propaganda del movimento ustascia, della politica femminile e familiare nello Stato Indipendente di Croazia (1941-1945) e del ruolo delle donne durante il regime nazionalista di Ante Pavelic.
I risultati dello studio si basano su d'ocumenti archivistici croati, italiani e tedeschi, sulle interviste alle sostenitrici e alle oppositrici dello Stato ustascia e sulla stampa dell'epoca.
I risultati dello studio si basano su d'ocumenti archivistici croati, italiani e tedeschi, sulle interviste alle sostenitrici e alle oppositrici dello Stato ustascia e sulla stampa dell'epoca.
Graduatoria di merito finale
Graduatoria di merito finale degli ammessi al XXIX ciclo del Dottorato di ricerca in Storia dell'Europa
G. Motta (a cura di), Il Baltico, un mare interno nella storia di lungo periodo, Nuova Cultura, Roma, 2013
Così le
suggestioni possono essere molte e comprendere non solo le storie nazionali ma
anche le complesse interazioni fra paesi, connessi e diversi. Tradizione,
lingua, religione, mitologia, concorrono a ricostruire la genesi dei popoli
baltici attraverso indizi che nel tempo ne definiscono l’identità, spesso
mortificata dagli attacchi delle forze esterne, mossi da paesi forti come la Svezia , la Polonia , la Russia , la Germania , che si
contendono una postazione strategica nell’area nordeuropea. I segni evidenti
delle differenti dominazioni delineano un contesto denso dalle molte
suggestioni e lasciano la loro impronta su quel mare “interno” in cui, nel
tempo, si afferma il destino degli Stati indipendenti del Baltico.
I saggi qui
raccolti permettono di seguire nella storia di lungo periodo le articolate
vicende dell’area baltica e dei paesi che con essa interagiscono. Danimarca,
Estonia, Finlandia, Germania, Lettonia, Lituania, Polonia, Russia e Svezia
costituiscono uno spazio comune per le ragioni della politica, della religione,
del commercio. Nell’analisi del “sistema baltico” la sinergia di molte
discipline aggiunge ricchezza alla riflessione storica sulla Penisola
scandinava, sulla Danimarca con le sue isole, sull’Europa centrale e orientale,
tutte ugualmente rilevanti nel contatto con il Baltico.
All'interno saggi di: Antonello Battaglia, Roberto Sciarrone, Martina Bitunjac, Antonello Biagini, Giuseppe Motta, Alessandro Vagnini, Roberto Reali, Daniel Pommier Vincelli, Elena Dundovich, Andrea Giannotti, Gabriele Natalizia, Caterina Bassetti.
All'interno saggi di: Antonello Battaglia, Roberto Sciarrone, Martina Bitunjac, Antonello Biagini, Giuseppe Motta, Alessandro Vagnini, Roberto Reali, Daniel Pommier Vincelli, Elena Dundovich, Andrea Giannotti, Gabriele Natalizia, Caterina Bassetti.
G. Motta (a cura di), Le guerre Balcaniche e la fine del "Secolo lungo", Nuova Cultura, Roma, 2013
La conferenza “Le Guerre Balcaniche e la fine del Secolo Lungo” (războaiele balcanice şi sfârşitul secolului cel lung) si è svolta il 19-20 luglio 2012 presso l’università di Târgu Mureş, in occasione della ricorrenza del centenario trascorso dallo scoppio del conflitto. Realizzato nell’ambito del progetto di ricerca 2011 promosso da Sapienza Università di Roma e con la cooperazione dell’Istituto storico italo-romeno di Cluj, dell’università Petru Maior di Târgu Mureş e dell’istituto di ricerca Gheorghe Şincai, il volume raccoglie i contributi presentati in tale occasione da studiosi, professori, ricercatori e dottorandi per riflettere e rivisitare una pagina di storia molto importante e significativa in quanto viene spesso citata non solo come immediata anticipazione della prima guerra mondiale (1914-1918), ma anche come pericoloso antecedente delle guerre che hanno infiammato i Balcani negli anni Novanta del XX secolo. La speranza è quella di poter così contribuire allo studio, all’interpretazione e al dibattito su una serie di aspetti che tornano all'attenzione degli storici nella ricorrenza del centenario di un evento che ha rappresentato un’esperienza cruciale nella storia dell’Europa del XX secolo.
Roberto Sciarrone, La Repubblica di Weimar nei documenti del Servizio Informazione Militare, Nuova Cultura, Roma, 2013
Lo
studio si avvale dei cospicui documenti del “Servizio Informazioni Militare”
del Regio Esercito che in data 2 gennaio 1933 vengono integrati in una
relazione sullo stato complessivo delle forze armate tedesche. I sette
fascicoli analizzati nel volume ci aiutano a comprendere l’ordinamento della
Reichwehr, le forme di reclutamento e le scuole militari, la dottrina tattica e
l’addestramento, le forze di polizia e le associazioni varie esistenti nel
1933, una fonte del tutto nuova nell’interpretazione di una Repubblica di
Weimar ormai al tramonto.
Creare lo Sviluppo. Inaugurazione sezione Cooperazione Internazionale - Fondazione Roma Sapienza
Mercoledì 23
ottobre 2013, ore 11.00
Aula Organi
Collegiali – Rettorato
piazzale Aldo Moro 5, Roma
Mercoledì 23 ottobre si svolgerà una
tavola rotonda sul tema “Creare lo Sviluppo”, promossa dalla Sezione Cooperazione Internazionale della
Fondazione Roma Sapienza, che in tale occasione inaugurerà le proprie attività.
I percorsi dello
sviluppo che dimostrano capacità autopropulsive sono quelli che si fondano
sull’esistenza di istituzioni efficienti, sull’accumulazione di capitale umano
e sulla diffusione delle innovazioni. Fattori questi che, favorendo l’accesso
ai bisogni essenziali del vivere civile, favoriscono combinazioni virtuose orientate
alla responsabilizzare gli attori dello sviluppo: persone, imprese, istituzioni.
La globalizzazione, se ben governata, diventa occasione
preziosa per accrescere le relazioni tra i popoli, diffondere le nuove
tecnologie e ampliare i mercati.
Nel dibattito saranno
affrontati questioni economiche, storiche e sociali caratterizzanti i percorsi
virtuosi di sviluppo, con uno sguardo all’economia italiana.
Apriranno i lavori Luigi
Frati, Magnifico Rettore della Sapienza
e Renato Guarini, Presidente della
Fondazione Roma Sapienza. Introdurrà Roberto Pasca di Magliano, Presidente della Sezione Cooperazione
Internazionale, e modererà il dibattito Antonello Biagini, Prorettore per la Cooperazione e rapporti
internazionali. Sono previsti interventi di Stefano De Caro, Cesare
Imbriani, Mario Morcellini, Pasquale Lucio Scandizzo, Teodoro Valente e
Ludovica Zigon.
Fondazione Roma Sapienza
fondazionesapienza@uniroma1.it
Tel: 06 49690362
Fax: 06 49690361
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