Il Libro del Mese - Giovanna Motta, Baroni in camicia rossa, Firenze, Passigli, 2011
di Fabio L. Grassi
Non furono tutti Gattopardi. I Poerio e i Settembrini non venivano da Marte. Il ricordo del grande pensiero illuminista dei Galiani e dei Filangieri, e dell’esperienza di governo murattiana, non era spento. Tra i ceti privilegiati del Regno delle Due Sicilie, insomma, non mancavano ambienti ben attenti a ciò che avveniva in Europa e molto critici verso il potere vigente. E non mancarono quelli che pagarono di persona perché le cose cambiassero.
A ricordarci questo e altro, dopo il primo felice docu-fiction Il mercante di Panni (Firenze, Passigli, 2009), viene molto a proposito questo secondo consimile lavoro di Giovanna Motta, ordinario di Storia Moderna e direttrice del dottorato in Storia d’Europa presso l’Università “La Sapienza” di Roma. Viene in un momento in cui troppo spesso da una parte il regno borbonico viene rappresentato come un’isola felice, con i suoi famosi (ma purtroppo sterili) primati, dall’altra le classi dirigenti meridionali vengono dipinte in blocco come un insieme di opportunisti (a meno che non abbiano decisamente preso le parti della resistenza anti-garibaldina e anti-sabauda).
Il racconto di Giovanna Motta, che ripercorre con ritmo spesso incalzante e partecipazione storica il filo delle memorie familiari, mostra il mondo dei “baroni” nelle sue complesse sfaccettature - l’ambiente poteva essere omogeneo, ma molto diverse furono le scelte individuali - e ha il pregio particolare di avere come ambiente geografico privilegiato la Calabria, tappa solitamente trascurata dell’avventura garibaldina dopo la più nota impresa dei Mille. E’ bene infatti limitare il concetto di “impresa dei Mille” alla primissima fase della spedizione. Quando Garibaldi passò lo Stretto, già da tempo ormai i suoi seguaci erano assai più di mille. E non arrivò a Napoli su un tappeto volante. Durante la sua faticosa risalita della penisola, prima del Volturno, prima di Teano, molte cose accaddero e tutti gli interessati, a iniziare dai gruppi dirigenti, ebbero il tempo di riflettere sul da farsi.
L’attenta analisi storico-sociologico-politica non rimane mai astratta, come ben dimostra il passo seguente:
“Poi all’improvviso, a mano a mano che si avvicina alla sua meta, tutto cambia per quell’uomo che ha galoppato tutta la notte scavalcando le montagne. Quasi gli manca il fiato quando all’orizzonte scopre il mare, raggiunto da un vento irrequieto che lo increspa, allora preme il suo cavallo, lo forza facendolo schiumare e incalzandolo di continuo… e ancora … e ancora… deve fare di tutto per arrivare in tempo, per risolvere il destino di un uomo. Forse… se quel golfo fosse stato più quieto… se il volenteroso cavaliere avesse trovato un passo meno impraticabile… se la barca fosse stata più robusta e pronta ad affrontare quell’improvviso ingrossarsi dell’acqua … forse… la storia avrebbe avuto un’altra conclusione”.
Questo libro breve, piacevole e commosso giunge, nell’anno del centocinquantesimo anniversario dell’unità, come salutare e meritorio contributo all’equilibrato giudizio storico su un momento decisivo della storia d’Italia.