Il separatismo siciliano,
ripetutamente evocato dai moti insurrezionali che nel corso dei secoli hanno interessato la storia dell’isola, ebbe
la sua più vasta diffusione, e i suoi più inquietanti sviluppi, tra il 1943 e
il 1950. Tra la primavera e l’estate del 1943, alla vigilia dello sbarco
alleato, venne fondato il Comitato provvisorio per l’Indipendenza, sedicente
portavoce delle aspirazione del popolo
siciliano. Il vuoto politico seguito alla caduta del fascismo permise al movimento
di proporsi come corrente di rinnovamento ottenendo il consenso di una
popolazione affamata e stremata dalla guerra. Nel febbraio del’44 la riconsegna
dell’isola all’Italia da parte degli Alleati e la decisa risposta dello Stato
alle istanze siciliane portarono ad un inasprimento della lotta che si tramutò
ben presto nell’apertura di un fronte interno, tutto siciliano, tra il Regio
Esercito e i “guerriglieri” indipendentisti. I rastrellamenti e le battaglie
campali ridimensionarono l’eversione secessionista; fu intavolata una
trattativa segreta tra Stato e separatisti che avrebbe portato alla concessione
dell’autonomia siciliana. Negli anni successivi l’isola fu governata, quasi
ininterrottamente, dalla DC ma, nonostante il nuovo assetto politico foriero di
speranze, l’agognata crescita economica non ci fu. L’autonomia, associata non
di rado al federalismo, è ancora oggi al centro di un ampio dibattito, in una
fase storica caratterizzata da una crescente sfiducia nei confronti dello Stato
e dalla nascita di movimenti che rivendicano l’indipendenza. Come nel Nord
Italia, anche in Sicilia iniziano a serpeggiare e a ridestarsi timide simpatie
filo-separatiste.
Antonello Battaglia |